Tessuto pigmentato
Nel derma, soprattutto in quello delle razze umane di colore, sono spesso presenti cellule pigmentate o melanociti che si accumulano in maggiore quantità nella sovrastante epidermide. Quando le cellule pigmentate sono molto numerose, il tessuto può essere propriamente denominato tessuto pigmentato. Tale tessuto si riscontra anche nello stroma della corioide e dell’iride.
Il melanocita è una cellula a nucleo piccolo provvista di prolungamenti dendritici che si insinuano tra le cellule e si anastomizzano tra loro costituendo una specie di rete. Con i comuni metodi istologici il citoplasma appare di solito chiaro, ma con appropriati metodi all’argento, all’oro, alla diidrossifenilalanina, risulta carico di una miriade di granuli di color bruno più o meno intenso che occupano anche i dendriti.
Il citoplasma delle cellule pigmentate è ripieno di granuli di pigmento bruno o nero che corrisponde di solito a melanina, da cui il nome melanociti. A differenza di alcuni animali, nei melanociti dell’uomo non si verifica aggregazione o dispersione dei granuli pigmentati; per questo motivo l’intensità di colorazione della cute è relativamente stabile e può variare solo lentamente in seguito a modificazioni della quantità di pigmento prodotto o dell’intensità di trasferimento dei melanosomi (gli organelli in cui è prodotta la melanina) nelle cellule epidermiche. Sono gli ormoni ipofisari che agiscono sulla produzione di melanina.
Il melanocita è assai facilmente individuabile al microscopio elettronico soprattutto per la mancanza di tonofibrille e di desmosomi. Questo fatto spiega la sua libertà e la sua attitudine a insinuarsi tra le cellule epidermiche, le quali, anche quando accolgono i dendriti, rimangono pur sempre saldate tra loro per mezzo di desmosomi che restano invariati.
La ricchezza dell’apparato mitocondriale e la complessità del reticolo endoplasmatico suggeriscono che il melanocita deve essere un elemento dotato di attività di sintesi vivace. La melanina fabbricata dai melanociti non solo viene dispersa nell’epidermide, ma viene inglobata anche da grossi elementi dermici detti melanofori o cromatofori.
Una dispersione dei granuli in tutto il melanocita, anche se la quantità resta invariata, porta a un’intensificazione del colore e quindi a un imbrunimento; al contrario, l’aggregarsi dei granuli nella zona centrale della cellula, in prossimità del nucleo, rende l’elemento assai più chiaro e di conseguenza la cute appare ipo- o depigmentata. Questi spostamenti e questo rimaneggiamento dei granuli possono verificarsi in breve tempo, persino in pochi minuti, e sono sotto il controllo di sostanze elaborate dall’ipofisi e dalle terminazioni nervose, forse anche dalla pineale. Il melanocita, quindi, è una cellula ghiandolare e che il suo prodotto di sintesi viene riversato in un’altra cellula rappresentata dai cheratinociti e dai macrofagi del derma. Questo processo di secrezione non è né endocrino né esocrino, bensì citocrino.
I melanociti più numerosi e più caratteristici sono quelli dell’epidermide, con i loro dendriti che si insinuano tra i cheratinociti circostanti dentro ai quali riversano i melanosomi immergendovi le loro estremità.
I precursori del pigmento sono incolori e acquistano la tipica tonalità bruna con l’ossidazione. Anche la cute del cadavere può imbrunire dopo irradiazione (fenomeno di Meirowsky) ma un’ulteriore ossidazione tende a decolorare la melanina: ciò sta alla base della decolorazione dei capelli con acqua ossigenata e spiega le parziali acromie che si possono notare in capigliature scure dopo prolungata esposizione a luce solare intensa.
Le aree più densamente popolate sono quelle esposte alla luce solare e certe aree che non lo sono affatto, o che lo sono sempre meno per motivi etologici, come l’area genitale.
Articolo creato il 02 marzo 2010.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.