Sinusoidi epatici
I sinusoidi epatici sono capillari sanguiferi a parete sottile, lume ampio e a decorso molto tortuoso che risultano riccamente anastomizzati fra loro formando le reti intralobulari. Essi convogliano il sangue dalle diramazioni dell’arteria epatica e della vena porta, collocate alla periferia del lobulo, verso la vena centrolobulare. La loro parete è essenzialmente costituita da cellule endoteliali appiattite che sporgono nel lume soltanto con quella porzione in cui è contenuto il nucleo.
La parete dei sinusoidi è discontinua per la presenza nell’endotelio di numerosi pori e fenestrature variabili per grandezza e posizione. I pori, di diametro non superiore a 0,1-0,2 µm, possono presentarsi isolati o, più spesso, riuniti in gruppi con disposizione simile a un setaccio. Le fenestrature potrebbero raggiungere un diametro anche superiore a 1 µm.
I margini delle cellule endoteliali possono talora apparire embricati, soprattutto nelle aree dove si rinvengono le aperture più grandi. Nel citoplasma delle cellule endoteliali si trovano rari mitocondri, un piccolo complesso di Golgi e un certo numero di membrane del reticolo endoplasmatico liscio e rugoso. La superficie endoteliale rivolta verso il lume presenta inoltre piccole vescicole di pinocitosi (caveolae corticales) e pochi corti microvilli. La parete endoteliale appare spesso interrotta da sottili prolungamenti citoplasmatici di tipo ameboide provenienti da elementi che possono trovarsi con il corpo cellulare prevalentemente contenuto nel lume sinusoidale. In questo caso tali prolungamenti possono risultare o in contatto con le cellule endoteliali o localizzati nello spazio sottoendoteliale, oppure ancora variamente inseriti nel contesto della parete endoteliale. Tale evenienza si verifica soprattutto dove più ampie sono le fenestrature o le discontinuità dell’endotelio.
Questi ultimi elementi sono le cellule stellate (di Kupffer) che presentano spiccata attività fagocitaria; essi possono inglobare nel loro citoplasma granuli di coloranti vitali iniettati nel sangue (granulopessia) e inoltre fagocitano materiali corpuscolati eterogenei (frammenti di eritrociti, batteri). Non si rilevano forme di transizione fra le cellule endoteliali e le cellule di Kupffer; i due tipi di elementi appartengono a linee ben distinte. A differenza delle cellule endoteliali, le cellule di Kupffer possiedono una superficie estremamente accidentata dovuta alla presenza di microvilli, invaginazioni e ampie e irregolari espansioni citoplasmatiche (pseudopodi); mancano di fenestrature e pori. Proprio perché dotate di potere fagocitario si ritiene che le cellule di Kupffer possano, fra l’altro, svolgere una funzione di difesa mediante il sequestro di materiali estranei (detriti cellulari e batteri). Da tempo, le cellule di Kupffer sono state assegnate al sistema reticoloendoteliale. Più recentemente si è dimostrato che le cellule stellate appartengono al sistema dei fagociti mononucleati (comprendente monociti e macrofagi). Esse hanno cioè origine da precursori midollari di tipo monoblastico e acquisiscono soltanto secondariamente la loro situazione nella parete dei sinusoidi epatici. La loro appartenenza al sistema dei monociti/macrofagi è dimostrata, oltre che dalla loro capacità fagocitaria, anche dall’espressione di enzimi lisosomiali caratteristici dei monociti (come perossidasi e idrolasi acide). Inoltre nei trapianti di midollo osseo con donatore e ricevente di sesso diverso, le cellule di Kupffer del ricevente hanno lo stesso cariotipo del donatore.
I sinusoidi non sono provvisti di una membrana basale tipica. Questa infatti, al microscopio elettronico, appare discontinua e spesso assente. Soltanto poche fibre collagene sono solitamente rintracciabili intorno alla parete del capillare dove formano una trama argirofila che continua con il connettivo degli spazi portobiliari e con quello capsulare.
Considerando pertanto l’assenza di una tipica membrana basale e le numerose aperture di cui risultano provvisti i capillari, è evidente che il plasma attraversa facilmente la barriera endoteliale venendo a diretto contatto con gli epatociti circostanti. Viene così a incrementarsi notevolmente lo scambio di metaboliti tra il sangue e il parenchima epatico.
Tra la membrana basale dei sinusoidi e la superficie degli epatociti che prospetta verso i sinusoidi stessi, si delimita uno spazio interstiziale, di variabile ampiezza, che prende il nome di spazio perisinusoidale (o spazio di Disse). In questo interstizio perivascolare si trovano le fibre collagene che formano la trama di supporto ai sinusoidi epatici e vi ha libero accesso il plasma che passa attraverso le discontinuità dell’endotelio sinusoidale, venendo così direttamente in contatto con la superficie degli epatociti. Lo spazio di Disse è inoltre la sede in cui si riversano i prodotti che l’epatocita rilascia dal suo versante vascolare (glucosio, proteine, lipoproteine). Oltre alle fibre collagene, si trovano nello spazio di Disse anche cellule che hanno la caratteristica proprietà di accumulare nel loro citoplasma lipidi e sostanze liposolubili (come la vitamina A). Queste cellule, denominate anche cellule di Ito (o lipociti), hanno forma stellata e risultano più numerose in corrispondenza dei territori intermedi e periferici dei lobuli. Non se ne conoscono l’origine e le funzioni. Le cellule di Ito differiscono dalle cellule di Kupffer per la sede e per le funzioni. Esse infatti si trovano all’esterno e non all’interno dell’endotelio che delimita i sinusoidi e non presentano attività fagocitaria.
Articolo creato il 22 febbraio 2012.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.