Farmacologia e tossicologia clinica

Parasimpaticolitici

Indice

Cosa sono

I parasimpaticolitici sono farmaci antagonisti del recettore colinergico muscarinico; sono così chiamati perché prevengono gli effetti dell’acetilcolina (ACh) bloccando il suo legame ai recettori colinergici muscarinici a livello dei siti neuroeffettori a livello di muscolatura liscia, muscolatura cardiaca e cel­lule ghiandolari; agiscono inoltre a livello dei gangli pe­riferici e del sistema nervoso centrale (SNC) se sono in grado di oltrepassare la barriera emato-encefalica.
In generale, gli antagonisti dei recetto­ri muscarinici causano soltanto una lieve diminuzione degli effetti dell’ACh a livello dei siti recettoriali nicotinici. Tuttavia, gli analoghi dell’atropina contenenti un ammonio quaternario e i farmaci a essi correlati mostra­no generalmente un maggior grado di attività bloccante dei recettori nicotinici e, di conseguenza, interferiscono più facilmente con la trasmissione gangliare o neuromu­scolare.
Sulle terminazioni presinaptiche esistono recettori muscarinici M2 che funzionano con un meccanismo a feedback negativo; la loro attivazione, quindi, determina un aumento del rilascio di acetilcolina. Ciò implica che se i parasimpaticolitici legano questo recettore causano un effetto paradosso, soprattutto evidente a livello cardiovascolare.
La struttura chimica dei parasimpaticolitici presenta un gruppo estereo e un gruppo basico, analogamente alla struttura dell’acetilcolina, ma hanno un gruppo voluminoso al posto del gruppo acetilico.

Per via parenterale, i derivati quaternari dell’atropina e della scopolamina sono in genere più potenti rispetto ai loro compo­sti progenitori sia a livello dei recettori muscarinici sia nel bloc­care l’attività gangliare; la conversione dell’azoto ternario in un gruppo quaternario aumenta la capacità di blocco dei recettori nicotinici.
I composti quaternari, invece, perdono l’attività a livello del SNC a causa della scarsa capacità di penetrare attraverso la bar­riera emato-encefalica.
Quando somministrati oralmente sono assorbiti poco e lentamente.

L’atropina e i composti a essa correlati competono con l’acetilcolina e altri agonisti muscarini­ci per un comune sito di legame sul recettore muscarinico. Poiché l’antagonismo dell’atropina è competitivo, può essere superato da sufficienti concentrazioni di ACh a livello dei siti recettoriali.
Ciò diviene necessario in caso di intossicazione di atropina quando, ad esempio, nei bambini è instillata nell’occhio e giunta a livello intestinale (occhio –> dotto lacrimale –> mucosa nasale –> intestino) viene assorbita; casi di intossicazione si possono avere anche quando c’è ingestione accidentale di semi o di bacche che contengono atropina o a causa di preparati antidiarroici a base di atropina e difenossilato.
Il difenossilato è un derivato sintetico che ha come target il recettore µ degli oppioidi localizzato nel plesso mienterico. Quando questo recettore lega il difenossilato, agisce con meccanismo a feedback negativo sul rilascio del neurotrasmettitore. In questo caso si utilizza fisostigmina, un alcaloide naturale ad azione anticolinesterasica che, in ultima analisi, mantiene alta la concentrazione di acetilcolina. Siccome l’intossicazione può durare anche 48 ore e l’azione della fisostigmina è di sole 1-2 ore perché rapidamente metabolizzata, il paziente può rientrare in coma dopo l’effetto della fisostigmina.

Gli antagonisti dei recettori muscarinici inibiscono la risposta alla stimolazione ner­vosa colinergica postgangliare in modo meno efficiente di quanto inibiscano la risposta a esteri della colina iniet­tati direttamente. La differenza potrebbe essere dovuta al fatto che il rilascio dell’ACh da parte delle terminazioni nervose colinergiche avviene in tale vicinanza dei siti re­cettoriali che le concentrazioni di trasmettitore che rag­giungono i recettori sono molto elevate.

Classificazione

I parasimpaticolitici posso­no essere divisi in tre gruppi:

  • Alcaloidi naturali:
    • Atropina.
    • Scopolamina.
  • Congeneri semisintetici e sintetici:
    • Ammine terziarie semisintetiche, tra cui:
      • Omatropina.
    • Ammine terziarie sintetiche, tra cui:
      • Tropicamide.
      • Ciclopentolato bromidrato.
      • Benztropina mesilato.
      • Triesifanidile cloridrato.
      • Diciclomina cloridrato.
      • Flavoxato cloridrato.
      • Oxibutinina cloruro.
      • Tolterodina tartrato.
    • Ammine quaternarie semisintetiche, tra cui:
      • Nitrato di metil-atropina.
      • Bromuro di metil-scopolamina.
      • Metil-bromuro di omatropina.
    • Ammine quaternarie sintetiche, tra cui:
      • Ipratropio.
      • Tiotropio.
      • Glicopirrolato.
      • Propantelina.
  • Derivati sintetici selettivi dei recettori muscarinici:
    • Pirenzepina.
    • Telenzepina.
    • Triptamina.
    • Darifenacin.
    • Tolterodina.

Un’altra classificazione è la seguente:

  • Alcaloidi naturali (attraversano la barriera emato-encefalica).
  • Derivati sintetici ad azione periferica (non attraversano la barriera emato-encefalica).
  • Derivati sintetici ad azione centrale (anti-Parkinson).
  • Derivati sintetici ad azione sull’apparato respiratorio: ne è un esempio l’ipratropio.
  • Derivati sintetici ad azione sulla secrezione gastrica: agiscono sui recettori M1; ne sono esempio la pirenzepina e la telenzepina.

Farmacodinamica

I parasimpaticolitici prevengono gli effetti dell’acetilcolina e degli agonisti muscarinici poiché competono per un comune sito di legame sui recettori muscarinici. Essendo un antagonismo di tipo competitivo, può essere superato da sufficienti concentrazioni di Ach a livello dei siti recettoriali.

Proprietà farmacologiche

I parasimpaticolitici hanno molte proprietà farmacologiche che si esplicano su diversi organi ed apparati (si consideri l’atropina come prototipo dei parasimpaticolitici).
Sistema nervoso centrale L’atropina a dosi terapeutiche (0,5-1 mg) causa solo una lieve eccitazione vagale in risposta alla stimolazione del midollo allungato e di altri centri cerebrali superiori.
A dosi tossiche di atropina, la stimolazione cerebrale diventa preponderante e provoca: irritabilità, irrequietezza, disorientamento, allucinazioni e deliri.
Con dosi ancora più elevate, la stimolazione è seguita da depressione con conseguente collasso circolatorio e insufficienza respiratoria dopo un periodo di paralisi e coma.

La scopolamina, invece, a dosi terapeutiche causa depressione del SNC e a dosi elevate causa eccitazione, irrequietezza, allucinazioni e deliri.

Gangli e nervi autonomi La neurotrasmissione coli­nergica nei gangli autonomi è mediata principalmente dall’attivazione dei recettori nicotinici dell’acetilcolina, che genera un potenziale d’azione. L’ACh e altri agonisti colinergici possono provocare an­che la formazione di potenziali eccitatori postsinaptici lenti, che sono mediati dai recettori muscarinici M1 gan­gliari. Questa risposta è particolarmente sensibile al bloc­co indotto dalla pirenzepina.

Occhio Gli antagonisti muscarinici bloccano le risposte all’ACh del muscolo sfintere dell’iride e del muscolo ciliare. Pertanto, essi dilatano la pupilla (midriasi) e para­lizzano l’accomodazione visiva (cicloplegia). La dilatazione pupillare causa fotofobia; il cristallino è focalizzato su oggetti distanti e quelli vicini vengono percepiti offuscati, inoltre gli oggetti sembrano più piccoli che nella realtà. Il riflesso pupil­lare di costrizione alla luce o per convergenza dell’occhio è abolito. Questi effetti si manifestano per somministrazione sia locale sia sistemica del farmaco. Tuttavia, normali dosi sistemiche di atropina (0,6 mg) hanno limitati effetti sull’occhio, mentre dosi simili di scopolamina provocano una decisa midriasi e perdita dell’accomodazione. L’atropina o la scopolamina applicate localmente producono un effetto oculare di considerevole durata; l’accomodazione e i riflessi pupillari non ritornano normali per 7-12 giorni. Gli antagonisti muscarinici usati come midriatici sono diversi dai farmaci simpaticomimetici poiché questi ultimi causano dilatazione della pupilla senza provocare perdita dell’accomodazione. La pilocarpina, gli esteri della colina, la fisostigmina e il diisopropilfluorofosfato possono antagonizzare completamente o parzialmente, a dosi opportune, l’attività oculare dell’atropina.

Gli antagonisti muscarinici somministrati per via sistemica hanno uno scarso effetto sulla pressione intraoculare, eccetto che in pazienti con glaucoma ad angolo acuto in cui la pressio­ne può a volte salire pericolosamente. L’aumento di pressione avviene quando la camera anteriore è stretta e l’iride ostruisce il flusso dell’umore acqueo nelle trabecole. Ciò interferisce con il drenaggio dell’umore acqueo. Il farmaco può precipitare il pri­mo attacco in caso di patologia ad angolo acuto non riconosciu­ta. In pazienti con glaucoma ad angolo aperto, un aumento acuto della pressione è un evento raro. I farmaci atropino-simili possono essere utilizzati con più sicurezza in un paziente con questa patologia se il paziente è trattato opportunamente con un farmaco miotico.

Sul cuore Sebbene l’effetto principale dell’atropina sul cuoresia la tachicardia, spesso la frequenza cardiaca diminuisce in modo transitorio alle dosi cliniche medie (0,5 mg). Il rallentamento della frequenza difficilmente è marcato, da 4 a 8 battiti per mi­nuto, e in genere non si osserva in seguito a rapida somministrazione endovenosa. Non vi sono alterazioni acces­sorie nella pressione arteriosa e nella gittata cardiaca.

La pirenze­pina ha la stessa potenza dell’atropina nel rallentare la frequenza cardiaca; la sua somministrazione prima dell’atropina previene qualsiasi ulteriore riduzione per azio­ne di quest’ultima.
Questi dati suggeriscono che l’effetto sulla frequenza cardiaca risulti dall’inibizione di recettori M1 sui neuroni parasimpatici postgangliari, il che riduce l’effetto inibitorio dell’ACh sul suo stesso rilascio a li­vello sinaptico.
Dosi più elevate di atropina portano a tachicardia, che aumenta progressivamente con la dose, e bloccano l’ef­fetto vagale dei recettori M2 sul nodo seno-atriale. L’aumento del­la frequenza a riposo, in uomini giovani dopo somministrazione di 2 mg di atropina per via intramuscolare, è di 35-40 battiti al minuto; la frequenza cardiaca massimale (per esempio, sotto sforzo) non viene influenzata dall’atropina. L’influenza di questa sostanza è più evidente in soggetti adulti giovani in cui il tono vagale è rilevante. Nell’in­fanzia e nell’anziano, dosi anche elevate di atropina possono non avere effetto sulla frequenza cardiaca. L’atropi­na produce spesso aritmie cardiache, ma senza produrre sintomi cardiovascolari significativi.
Basse dosi di scopolamina (0,1-0,2 mg) producono un rallentamento della frequenza cardiaca più marcato di quello che si ha con l’atropina. A dosi più elevate, si os­serva un iniziale aumento della frequenza che tuttavia dura poco ed è seguito entro 30 minuti da ritorno al ritmo normale o da bradicardia.

Adeguate dosi di atropina sono in grado di abolire il rallentamento cardiaco e l’asistolia conseguenti ad attiva­zione vagale riflessa di varia natura, causati per esempio da inalazione di vapori irritanti, da stimolazione del seno carotideo, da pressione sui bulbi oculari, da stimolazione peritoneale o da iniezione di un mezzo di contrasto du­rante il cateterismo cardiaco.
L’atropina è anche in grado di prevenire o di abolire completamente la bradicardia e l’asistolia dovute all’utilizzo di esteri della colina, di inibitori dell’acetilcolin-esterasi o di altri farmaci parasimpaticomimetici, così come può prevenire l’arresto cardiaco secondario a stimolazione elettrica del vago.
La rimozione, da parte dell’atropina, dell’influenza vagale sul cuore, può anche facilitare la conduzione atrio-ventricolare.
L’atropina facilita la conduzione atrio-ventricolare ed accorcia il periodo refrattario del nodo AV. Ciò implica che:

  • L’atropina può ridurre il blocco atrio-ventricolare nell’intossicazione da digitale (per iperattività vagale).
  • L’atropina può ridurre il blocco atrio-ventricolare e la bradicardia nello stato iniziale di un infarto miocardico.
  • L’atropina aumenta la frequenza ventricolare nei pazienti con fibrillazione o flutter atriale.
  • In alcuni pa­zienti che presentano un blocco cardiaco completo, l’atropina può aumentare la frequenza idioventricolare, in altri casi la stabilizza.

Sui vasi sanguigni L’atropina contrasta com­pletamente la vasodilatazione periferica e la drastica ca­duta di pressione causata da esteri della colina. Per con­tro, quando somministrata da sola, l’atropina non causa effetti significativi sulla pressione arteriosa né sui vasi. Questo risultato non è sorprendente poiché molti distretti vascolari mancano probabilmente di una significativa innervazione colinergica; inoltre le fibre simpatiche colinergiche vasodilatatrici che innervano i vasi della musco­latura scheletrica non sembrano coinvolte in modo signi­ficativo nella normale regolazione del tono vasale.
Dosi tossiche di atropina, e in alcuni casi anche dosi terapeutiche, sono in grado di dilatare i vasi sanguigni cutanei specialmente a livello delle guance (rossore da atropina). Questo fenomeno è secondario alla necessità di dissipare l’aumento di tem­peratura causata dal blocco della sudorazione.

Apparato respiratorio Il sistema parasimpatico svolge un ruolo fondamentale nella regolazione del tono bron­chiale. L’attività parasimpatica contribuisce alla broncocostrizione. Le fibre vagali formano sinapsi e attivano recettori nicotinici e muscarinici M1 a livello dei gangli parasimpatici localizzati nella pa­rete delle vie aeree; le corte fibre postgangliari rilasciano ACh, che attiva i recettori M3 a livello del muscolo liscio bronchiale. Anche le ghiandole sottomucose sono innervate da neuroni parasimpatici e hanno principalmente re­cettori M3.
Gli alcaloidi della belladonna inibiscono le secrezioni a livello di naso, bocca, faringe e bronchi e quindi pro­vocano secchezza delle fauci e delle mucose delle vie re­spiratorie. Questa attività è particolarmente evidente quando la secrezione è eccessiva, e pone le basi per l’uti­lizzo dell’atropina e della scopolamina in preanestesia. La capacità di questi farmaci di prevenire il laringospa­smo durante l’anestesia deriva principalmente dal blocco delle secrezioni del tratto respiratorio che possono scate­nare laringospasmo riflesso. Tuttavia, la depressione del­la secrezione mucosa e l’inibizione della clearance mucociliare sono effetti indesiderati dell’atropina in pazienti con disturbi dell’apparato respiratorio.
L’inibizione da parte dell’atropina della broncocostri­zione indotta da istamina, bradichinina ed eicosanoidi suggerisce la partecipazione delle fibre efferenti parasim­patiche ai riflessi bronchiali provocati da questi compo­sti. La capacità di bloccare l’effetto broncocostrittore in­diretto dei mediatori dell’infiammazione rilasciati duran­te un attacco di asma pone le basi per l’utilizzo di questi composti, insieme con gli agonisti β2-adrenergici, nel trat­tamento di questi disturbi.

Apparato gastrointestinale Sebbene l’atropina sia in grado di abolire completamente l’effetto dell’ACh (e di altri farmaci parasimpaticomimetici) a livello del tratto gastrointestinale, essa inibisce solo parzialmente l’effetto degli impulsi vagali. Questa differenza è particolarmente evidente nell’effetto dell’atropina sulla motilità intestinale. Le fibre vagali pregangliari che innervano l’intestino entrano in contatto sinaptico non solo con fibre postgan­gliari colinergiche, ma anche con una rete di neuroni intramurali non colinergici. Questi neuroni, che formano il plesso enterico, utilizzano numerosi trasmettitori, tra i quali la 5-idrossitriptamina (5-HT) e la dopamina. Poiché le dosi terapeutiche di atropina non bloccano le risposte a ormoni intestinali e a trasmettitori non colinergici, il rila­scio di queste sostanze da parte dei neuroni intramurali può ancora influenzare la motilità intestinale. Similmente, mentre l’attività vagale modula il rilascio di istamina stimolato dalla gastrina e la secrezione acida gastrica, le azioni della gastrina possono intervenire in modo indi­pendente dal tono vagale. .Gli antagonisti selettivi del recettore dell’istamina H2, gli antagonisti del recettore muscarinico M1 e gli inibitori della K+-H+-ATPasi (inibitori della pompa protonica) hanno sostituito l’atropina e altri antagonisti non specifici come inibitori della secrezione acida.

Ghiandole esocrine La secrezione salivare sembra essere mediata dai ricettori M3 ed è particolarmente sensibile all’inibizione da par­te di antagonisti muscarinici, i quali possono abolire completamente la copiosa secrezione acquosa indotta dalla stimolazione parasimpatica. La bocca diviene secca e si incontrano difficoltà nel deglutire e nel parlare. La secrezione gastrica durante le fasi cefalica e di digiuno è ridotta in modo significativo dagli anta­gonisti muscarinici. Per contro, la fase intestinale della secre­zione gastrica viene inibita solo parzialmente. La concentrazione di acido non viene necessariamente ridotta, poiché viene bloccata anche la secrezione di HCO3 oltre che di H+. Le cellu­le gastriche che secemono la mucina e gli enzimi proteolitici sono più direttamente sotto l’influenza vagale rispetto alle cel­lule secementi acido e le loro funzioni secretorie sono più mar­catamente inibite dall’atropina.
Piccole dosi di atropina o scopolamina inibiscono l’attività delle ghian­dole sudoripare innervate dalle fibre colinergiche simpatiche e la cute diviene calda e secca. La sudorazione può essere inibita al punto da provocare un aumento della temperatura corporea, ma soltanto quando vengono utilizzate dosi elevate del farmaco o in caso di alte temperature ambientali.

Muscolatura liscia L’innervazione parasimpatica promuove sia il tono sia la motilità e il rilassamento degli sfinteri, quindi favorisce il passaggio del chimo lungo l’intestino. Comunque, l’intestino possiede un complesso sistema di plessi nervosi intramurali che regolano la motilità indipendentemente dal controllo parasim­patico; gli impulsi a partenza dal SNC hanno soltanto un’azione modulatoria sui riflessi intrinseci. Sia in soggetti normali sia in quelli con patologie a livello gastrointestinale, dosi terapeutiche di antagonisti muscarinici provocano un’inibi­zione definita e prolungata dell’attività motoria dello stomaco, del duodeno, del digiuno, dell’ileo e del colon, caratterizzata da una riduzione del tono, dell’ampiezza e della frequenza delle contrazioni peristaltiche. Per produrre una tale inibizione sono necessarie dosi relativamente elevate.
L’atropina esercita una leggera azione antispasmo­dica sulla cistifellea e sui dotti biliari nell’uomo. Tuttavia, que­sto effetto di solito non è sufficiente per prevenire o eliminare il forte spasmo e l’aumento della pressione nei dotti biliari causati dagli oppioidi. I nitriti sono più efficaci rispetto all’atropina in questo caso.

Apparato urinario L’atropina diminuisce il normale tono e l’ampiezza delle contrazioni degli ureteri e della vescica ed è inoltre in grado di eliminare l’aumento del tono ureterale indotto dai farmaci. Tuttavia, non è possibile ottenere questa inibizione senza la contemporanea inibizione della salivazione e della lacrimazione e senza che si verifichi un offusca­mento della visione. Il controllo della contrazione della vescica sembra essere mediato da vari sottotipi recettoriali muscarinici. I recettori appartenenti al sottotipo M2 sembrano essere i più rappresentati nella vescica, mentre studi eseguiti con antagoni­sti selettivi suggeriscono che i recettori M3 siano responsabili della contrazione del muscolo detrusore. Il recettore M2 può inibire il rilassamento della muscolatura vescicale mediato dai recettori b-adrenergici e potrebbe essere coinvolto principal­mente nelle fasi di riempimento per diminuire lo stimolo alla minzione nell’incontinenza. Sembra che i recettori M1 presinaptici facilitino il rila­scio di ACh dalle terminazioni nervose parasimpatiche.

Oltre agli effetti antimuscarinici, questi farmaci hanno anche effetti antipsicotici, antidepressivi e antistaminici.

Farmacocinetica

Gli alcaloidi della belladonna e i derivati terziari sintetici e semisinteti­ci vengono rapidamente assorbiti dal tratto gastrointesti­nale. Essi raggiungono il circolo anche dopo applicazione locale a livello di superfici mucose del corpo.
L’assorbi­mento attraverso la cute intatta è limitato, sebbene si pos­sa ottenere un assorbimento efficiente a livello della regione postauricolare. L’assorbimento sistemico di antago­nisti quaternari dei recettori muscarinici dopo inalazione è minimo.
I derivati quaternari degli alcaloidi della belladonna sono scarsamente assorbiti dopo somministrazione orale e penetrano meno velo­cemente attraverso la congiuntiva dell’occhio. Non sono presenti effetti centrali poiché questi agenti non attraver­sano la barriera emato-encefalica.
L’atropina ha un’emivita di circa 4 ore; il metabolismo epatico è responsabile dell’eliminazione di circa la metà della dose e la restante parte viene escreta immodificata nelle urine.

Indicazioni terapeutiche

A seconda del farmaco e dell’affinità verso determinati recettori piuttosto che altri, i parasimpaticolitici sono indicati per:

  • Trattamento dell’ulcera peptica.
  • Sindrome da colon irritabile.
  • Aumento del tono (o spasticità) e della mo­tilità del tratto gastrointestinale.
  • Diarrea.
  • Eccessiva salivazione.
  • Per esaminare la retina e il disco ottico.
  • Iridocicliti.
  • Corioiditi.
  • Per misurare l’errore di rifrazione.
  • Interrompere o prevenire la formazione di aderenze fra l’iride e il cristallino.
  • Sollievo da alcune riniti acute associate a coriza (sinonimo di raffreddore).
  • Trattamento iniziale dell’infarto miocardico acuto per controllare la bradicardia sinusale o nodale causata da eccessivo tono vagale.
  • Prevenzione del peggioramento clinico in caso di ipertono vagale o blocco atrio-ventricolare riportando la frequenza car­diaca a livelli sufficienti per mantenere una corretta condizione emodinamica e per eliminare il blocco del nodo atrioventricolare.
  • Riduzione della bradicar­dia severa e della sincope associate a un esaltato riflesso del seno carotideo.
  • Riduzione del grado di un blocco atrioventricolare (AV) quando l’aumento del tono vagale sia il principale difetto di conduzione.
  • Trattamento del parkinsonismo in pazienti che richiedano terapia alternativa o concomitan­te con parasimpaticolitici.
  • Cinetosi.
  • Riduzione della frequenza della minzione nella paraplegia spastica e per aumentare la capacità della vescica.
  • Dismenorrea spastica.
  • Controllo dell’incontinenza urinaria con urgenza e pollachiuria.
  • Prevenzione del riflesso vagale indotto dalla manipolazione chirurgica degli organi viscerali.

Apparato gastrointestinale Gli antagonisti dei recettori mu­scarinici sono utilizzati per il

Gli effetti collaterali sono: secchezza delle fauci, perdita dell’accomodazione visiva, fotofobia e difficoltà nella minzione.

La pirenzepina, grazie alla sua selettività per i recettori muscarinici M1 risulta nettamente migliore rispetto all’atropina; tuttavia, gli antagonisti dei recettori H2 e gli inibi­tori della pompa protonica sono generalmente considerati i far­maci di scelta per ridurre la secrezione acida gastrica.
La pirenzepina (100-150 mg al giorno) è in grado di offrire all’incirca la stessa percentuale di guarigione dall’ulcera duodenale degli antagoni­sti dei recettori H2 cimetidina o ranitidina; inoltre il farmaco può essere efficace nel prevenire le recidive dell’ulcera.

Anche gli alcaloidi della belladonna e i loro sostituti sinte­tici sono stati utlizzati e raccomandati in un’ampia varietà di situazioni ritenute o supposte responsabili della sindrome da colon irritabile e dell’aumento del tono (spasticità) o della mo­tilità del tratto gastrointestinale. Questi agenti possono ridurre il tono e la motilità quando vengono somministrati alla massi­ma dose tollerata e ci si può aspettare che siano efficaci se è presente solamente contrazione della muscolatura liscia. Gli antagonisti M3 potrebbero essere maggiormente selettivi ma i recettori M3 esercitano anche un’influenza dominante sulla salivazione, sulla secrezione bronchiolare e sulla motilità della vescica. La diarrea talvolta associata alle condizioni irrita­tive dell’intestino crasso, come la dissenteria lieve e la diverticolite, può rispondere ai farmaci atropino-simili.
Gli alcaloidi della belladonna e i loro sostituti sintetici sono molto efficaci nel ridurre l’eccessiva salivazione, come quella associata ad avvelenamento da metalli pesanti, a parkinsoni­smo, o indotta da farmaci.

Usi terapeutici sull’occhio Gli effetti a livello dell’occhio sono ot­tenuti tramite la somministrazione locale di antagonisti musca­rinici al fine di produrre midriasi e cicloplegia. La cicloplegia non è ottenibile separatamente dalla midriasi e richiede elevate concentrazioni o prolungate applicazioni del farmaco.
Provocare midriasi è spesso necessario per poter esaminare la retina e il disco ottico e nella terapia delle iridocicliti e delle cheratiti.
Una completa cicloplegia può essere necessaria nel trattamento delle iridocicliti e delle coroiditi e per un’accurata misura dell’errore di rifrazione.
Gli alcaloidi della belladonna con effetto midriatico possono essere alternati con miotici per interrompere o prevenire la formazione di aderenze fra l’iride e il cristallino.
Va ricordato che la somministrazione sia locale che sistemica di farmaci dotati di azione antimuscarinica, può svelare un glaucoma o causarne l’aggravamento in quanto la dilatazione della pupilla porta ad una riduzione del deflusso di umor acqueo attraverso il canale di Schlemm e ad un aumento della pressione endoculare.

Apparato respiratorio L’atropina, gli altri alcaloidi della bel­ladonna e i sostituti sintetici riducono la secrezione sia nel trat­to respiratorio superiore sia in quello inferiore. Questi effetti, a livello della rinofaringe, possono dare sollievo ad alcune riniti acute associate a coriza (sinonimo di raffreddore) o febbre da fieno, sebbene questa tera­pia non sia in grado di modificare il naturale decorso della ma­lattia. È probabile che il contributo degli antistaminici impiega­ti nelle preparazioni contro il raffreddore sia dovuto principal­mente alle loro proprietà antimuscariniche eccettuate le situazioni che presentano una base allergica.
La somministrazione sistemica di alcaloidi della belladonna o dei loro derivati nel trattamento dell’asma bronchiale o delle malattie ostruttive polmonari arreca lo svantaggio di ridurre le secrezioni bronchiali e porta quindi all’ispessimento delle se­crezioni residue; il materiale viscoso è difficile da rimuovere dall’albero respiratorio e la sua presenza può causare pericolose ostruzioni delle vie aere e predisporre alle infezioni.
L’ipratropio bromuro e il tiotropio, somministrati per inala­zione non causano effetti collaterali sulla clearance muco ciliare, contrariamente all’atropina e agli altri antagonisti muscarini­ci. Quindi, le loro proprietà colinergiche possono essere utiliz­zate in modo sicuro nel trattamento delle malattie respiratorie reversibili. Questi agenti sono spesso utilizzati per via inalato­ria in associazione con agonisti a lunga durata dei recettori β-adrenergici, sebbene siano scarse le evidenze di un sinergismo fra i due farmaci. Gli antagonisti muscarinici sono più efficaci nelle malattie polmonari croniche ostruttive, in particolare quando sia evidente un tono colinergico. Gli agonisti β-adrenergici controllano meglio le esacerbazioni intermittenti dell’a­sma.

Apparato cardiovascolare Gli an­tagonisti dei recettori muscarinici generalmente vengono utilizzati nelle unità coronariche per interventi a breve termine oppure in chirurgia.
L’atropina può essere considerata nel trattamento iniziale dell’infarto miocardico acuto per controllare la bradicardia sinusale o nodale causata da eccessivo tono vagale. La bradicardia sinusale è il tipo di aritmia più frequentemente osservabile in corso di infarto miocardico acuto, specialmente della parete posteriore o atrioventricolare inferiore.
L’atropina è anche in grado di prevenire il peggioramento clinico in caso di ipertono vagale o blocco atrio-ventricolare riportando la frequenza car­diaca a livelli sufficienti per mantenere una corretta condizione emodinamica e per eliminare il blocco del nodo atrioventricolare.
Il dosaggio deve essere accuratamente studiato: infatti do­si troppo basse possono causare una bradicardia paradossa, mentre dosi eccessive provocheranno tachicardia che potrà estendere l’infarto a causa dell’aumento della domanda di ossigeno.
L’atropina è occasionalmente utile per ridurre la bradicar­dia severa e la sincope associate a un esaltato riflesso del seno carotideo.
Il farmaco ha un effetto minimo sul ritmo ventricola­re. In alcuni pazienti, l’atropina può eliminare le contrazioni ventricolari premature che accompagnano un frequenza atriale molto bassa; il farmaco può anche ridurre il grado di un blocco atrioventricolare (AV) quando l’aumento del tono vagale sia il principale difetto di conduzione, come per esempio nel blocco AV di secondo grado che potrebbe essere provocato dalla digitale.

Sistema nervoso centrale Per molti anni, gli alcaloidi della belladonna e in seguito le amine terziarie sintetiche sono stati i soli agenti efficaci nel trattamento del parkinsonismo. Il trattamento di scelta per questa malattia è rappresentato dalla levodopa, da sola o in associazione con la carbidopa, ma in al­cuni pazienti è necessaria una terapia alternativa o concomitan­te con antagonisti dei recettori muscarinici. I farmaci con un’azione centrale come la benztropina si sono mo­strati efficaci nel prevenire la distonia o i sintomi parkinsoniani in pazienti trattati con farmaci antipsicotici.
Nella prevenzione della cinetosi, la scopolamina è l’agente più efficace da utilizzare in caso di viaggi brevi (4-6 ore) ma molto movimentati, e probabilmente per viaggi che durano molti giorni. Tutti i farmaci utilizzati per combattere la cinetosi (disturbi del movimento) devono essere somministrati preventivamente; infatti sono molto meno efficaci quando la nausea e il vomito si sono già manifestati. Il farmaco è incorporato in un ce­rotto multistrato che viene applicato sulla regione mastoidea dietro l’orecchio. L’assorbimento del farmaco in questa area è particolarmente efficiente. La durata di azione del preparato è di circa 72 ore durante le quali vengono liberati approssimati­vamente 0,5 mg di scopolamina. Si riscontra frequentemente secchezza delle fauci, sonnolenza e, in alcuni individui, visione offuscata. Sono stati riportati rari ma severi episodi piscotici.

Apparato genitourinario I nuovi sostituti sintetici del­l’atropina, come la tolterodina, possono diminuire la pressione intravescicale, aumentare la capacità della vescica e ridurne la frequenza di contrazione antagonizzando il controllo parasim­patico di quest’organo senza indurre effetti collaterali poco tol­lerati. Questi agenti sono anche utilizzati per ridurre la frequenza della minzione nella paraplegia spastica.
Sono utilizzati anche nella dismenorrea spastica e per il controllo dell’incontinenza urinaria con urgenza e pollachiuria.

Anestesia L’atropina è comunemente somministrata per prevenire il riflesso vagale indotto dalla manipolazione chirurgica degli organi viscerali.
L’atropina o il glicopirrolato sono utilizzati insieme alla neostigmina per controbattere i suoi effetti parasimpaticomimetici quando quest’ultimo farmaco venga usato per antagonizzare il rilassamento muscolare dopo un intervento chirurgico.

Antagonismo e avvelenamento L’atro­pina può essere utilizzata per combattere gli effetti parasimpaticomimetici della neostigmina o degli altri agenti anticolin-esterasici somministrati nel trattamento della miastenia gravis.
L’atropina è un utile antidoto solo per l’avvelenamento da fun­ghi causato dall’alcaloide colinomimetico muscarina, presente in alcune specie.
Infine, gli alcaloidi parasimpaticolitici possono essere usati nell’avvelenamento da insetticidi organofosforici.

Effetti indesiderati

I parasimpaticolitici possono determinare:

  • Ritenzione urinaria.
  • Rari ma severi episodi psicotici.
  • Secchezza delle fauci.
  • Visione offuscata (midriasi e ciclopegia).
  • Stipsi.
  • Fotofobia.
  • Difficoltà nella minzione.