Anatomia,  Apparato tegumentario

Mammella

La mammella è un organo ghiandolare pari e simmetrico che si presenta come un rilievo cutaneo sulla superficie anteriore del torace, ai lati della linea mediana. È determinato dalla presenza di un gruppo di ghiandole, particolarmente sviluppate nella femmina durante l’allattamento.
Le mammelle occupano lo spazio tra la 3a e la 7a costa; si estendono in larghezza tra la linea parasternale e la linea ascellare media. Tra le due mammelle s’interpone un solco più o meno ampio, il seno, corrispondente al corpo dello sterno.
Nella mammella si distinguono la parte ghiandolare e la parte cutanea che riveste la prima.

La ghiandola mammaria ha forma discoidale con superficie anteriore convessa e superficie posteriore piatta; un suo prolungamento può estendersi fino alla regione ascellare formando una piccola massa ben delimitata che va tenuta presente, potendo simulare un tumore ascellare o risultarne punto di partenza.
Mentre la superficie anteriore del corpo ghiandolare è rivestita dalla cute, quella posteriore è in rapporto posteriormente con la fascia superficiale del muscolo grande pettorale, da cui resta separata mediante lo spazio retromammario che corrisponde alla lamina profonda del connettivo ipodermico, e, lateralmente, con la fascia che ricopre il muscolo dentato anteriore. Particolarmente dopo la gravidanza, la fascia superficiale assume notevole consistenza formando, a livello della regione sottoclaveare, il legamento sospensore della mammella (di Cooper).

In corrispondenza della porzione centrale e più sporgente della mammella, la cute presenza un aspetto particolare con una superficie pigmentata rotondeggiante, l’areola, al cui centro s’innalza un rilievo detto capezzolo. Le dimensioni dell’areola sono variabili, con un diametro medio di 3-5 cm; il colorito è roseo nella bambina e nella giovane nullipara, bruno dopo gravidanza e allattamento. In questi casi l’areola si estende oltre i propri limiti in una zona concentrica di colore meno uniforme, detta areola secondaria.
Il capezzolo, a sviluppo completo, presenta un’altezza media di 10 mm e un diametro di 10-12 mm. Esso corrisponde al 4° spazio intercostale, sulla linea emiclaveare, ma occupa tale posizione solo nel maschio e nella giovane nullipara; dopo l’allattamento, infatti, la mammella tende ad allungarsi e la posizione del capezzolo può non costituire più un punto di repere.
Le diverse forme che il capezzolo può assumere svolgono un importante ruolo nell’allattamento. A tale scopo appaiono favorevoli le forme cilindrica, piriforme e a tronco di cono; di più difficile presa nella suzione è il capezzolo di forma conica. Talvolta, poi, il capezzolo anziché sporgere, appare rientrato per arresto nel suo sviluppo embrionale e trova allora posto in una depressione dell’areola; si parla di capezzolo ombelicato.
Il capezzolo, sotto l’influsso di stimoli diretti o riflessi, va in erezione allungandosi e aumentando di consistenza; questo fenomeno, denominato telotismo, è dovuto alla presenza, nel capezzolo stesso, di fibrocellule muscolari lisce analoghe a quelle del muscolo areolare.

Il volume, il grado di sviluppo e la forma delle mammelle variano in rapporto al sesso, al momento funzionale e all’età.
Nel maschio, la parte ghiandolare abitualmente non si sviluppa e pertanto l’organo risulta rudimentale.
Nella femmina, il volume può variare notevolmente; le dimensioni, tuttavia, non hanno alcuna correlazione con la capacità secretoria poiché il tessuto adiposo rappresenta spesso il componente più cospicuo dell’organo. Volume e consistenza sono inoltre sotto l’influsso di stimoli endocrini.
Le mammelle, piccole alla nascita, si sviluppano alla pubertà per proliferazione di tutte le componenti dell’organo (proliferazione dello stroma periduttale e aumento del tessuto connettivo interstiziale).
Le mammelle aumentano la loro consistenza, per edema congestizio dello stroma perighiandolare, nel periodo premestruale; aumentano di volume con l’inizio della gravidanza per lo sviluppo degli acini e dei relativi dotti.
Nella menopausa, la componente ghiandolare dell’organo va in atrofia.
Le mammelle risultano assai sviluppate nelle femmine africane e in seguito ad allattamento; sono fattori, questi, che hanno importanza anche per la forma delle mammelle che possono essere emisferiche, coniche, piriformi. Il profilo mammario può essere alterato dalla forza di gravità e pertanto la metà inferiore risulta più spesso arrotondata e sporgente; con l’età, tale disposizione tende ad accentuarsi per cui le mammelle diventano pendule e risultano separate dalla parete toracica ad opera di un solco sottomammario di profondità variabile.

Piccole ghiandole sovrannumerarie si possono talvolta vedere lungo la linea del latte (o cresta lattea) che è compresa tra il cavo ascellare e la sinfisi pubica. In corrispondenza di queste ghiandole eterotopiche si può anche trovare un capezzolo (polimastia o politelia).

La capacità secretoria della mammella non ha diretto rapporto con le dimensioni dell’organo, dal momento che il tessuto adiposo ne rappresenta uno dei componenti più cospicui.
La mammella inizia la propria attività funzionale con l’allattamento, entro le 24 ore successive al parto, passando attraverso un’intensa fase congestizia cui segue quella secretoria (montata lattea). Il secreto prodotto nei primi giorni è detto colostro. Dopo questa fase di secrezione, inizia la produzione di latte che è determinata dalla caduta del tasso ematico di estrogeni e progesterone che scatena una produzione di prolattina da parte dell’adenoipofisi.
Nella prima fase della gravidanza, gli estrogeni stimolano la crescita dei dotti, mentre il progesterone influenza, con meccanismo diretto o indiretto, la neoformazione di piccoli alveoli terminali. Successivamente, con l’inizio dell’attività endocrina della placenta, assume importanza il progesterone da questa prodotto che, nella formazione di alveoli secernenti, dimostra un’azione sinergica con estrogeni, prolattina ed ormone luteinizzante. Questi due ultimi ormoni ipofisari sono importanti anche nel mantenimento della secrezione lattea.
L’emissione del latte ha inizio con la poppata che, mediante stimolazione riflessa a partenza dall’areola e dal capezzolo, determina, nell’ipotalamo, la formazione e l’immissione in circolo di ossitocina che stimola la contrazione sia delle cellule mioepiteliali che della muscolatura liscia periduttale. Mancando la poppata, l’emissione di latte cessa. Di solito la lattazione continua per circa 5-6 mesi dopo il parto; inizia quindi a ridursi progressivamente fino a terminare intorno al 9° mese.

L’ormone principalmente responsabile della secrezione lattea è la prolattina. Alla persistenza della secrezione lattea concorre anche la neuroipofisi, che riceve, attraverso i centri ipotalamici, stimoli riflessi provocati dalla suzione del capezzolo.
L’ipofisi posteriore risponde secernendo ossitocina che agisce sulle cellule mioepiteliali dei duttuli inducendone la contrazione, con il conseguente affluire del latte verso il capezzolo. Anche il regolare svuotamento passivo della ghiandola per effetto della suzione è fattore necessario al persistere della secrezione.

Mammella

Articolo creato il 14 gennaio 2012.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.