Infezioni puerperali e postabortive
Le infezioni puerperali e postabortive rappresentano un rischio assai comune. La superficie interna dell’utero, nel breve periodo in cui rimane cruenta (insanguinata) e non ancora liberata dai coaguli sanguigni e da eventuali residui placentari necrotici, può costituire terreno d’insediamento di microrganismi infettivi, in prima linea dello streptococco emolitico di gruppo A, soprattutto qualora le contaminazioni siano state favorite da interventi manuali o strumentali e tanto più quando siano in causa lesioni per maldestre pratiche abortive. In queste endometriti settiche la mucosa è fittamente infiltrata da granulociti e in parte necrotica. L’infezione tende a propagarsi nel connettivo interstiziale del miometrio e nel connettivo lasso dei parametri e della piccola pelvi, comportando linfangite e periflebite. Questa si complica facilmente in tromboflebite settica mediante la quale s’intensificano le occasioni di complicazioni infettive nel resto dell’organismo di tipo diffusivo (cosiddetta sepsi puerperale), con localizzazioni varie, quali particolarmente embolie settiche polmonari e trombosi settiche di plessi venosi vertebrali e durali. Gravi peritoniti generalizzate si osservano quando grossolani interventi strumentali praticati allo scopo di provocare l’aborto abbiano lacerato la parete uterina sfondandola.
La raccolta di essudato purulento nella cavità dell’utero (piometra) è conseguenza possibile di stenosi e di ostruzioni del canale cervicale in caso di tumore, soprattutto per retrazione cicatriziale che può seguire all’irradiazione di esso. Inoltre, il piometra può verificarsi in caso di prolasso uterino o, più raramente, in seguito ad angolatura della cervice per retroversione.
Articolo creato il 7 agosto 2011.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.