Infanticidio
L’infanticidio è un reato previsto dall’articolo 578 del Codice Penale che sancisce che la madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da 4 a 12 anni. A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni 21. Tuttavia se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi. Non si applicano le aggravanti stabilite all’art. 61 c.p..
L’infanticidio è una forma di delitto attenuato rispetto all’omicidio. È molto importante capire che non tutte le uccisioni di bambini sono infanticidi. Per esser tale, infatti, innanzitutto il soggetto attivo deve essere la madre (è quindi un reato esclusivo) perché chiunque altro uccida un neonato incorre nel reato di omicidio doloso (lo stesso articolo stabilisce infatti che chiunque partecipi subisce una pena che è pari a quella dell’omicidio doloso, cioè non inferiore ai 21 anni di reclusione salvo le condizioni attenuanti indicate). Inoltre, ci sono altri punti che vanno analizzati per comprendere quando anche la madre non commetta un infanticidio ma un vero omicidio doloso: deve sussistere la morte del neonato per una condizione di abbandono morale e materiale (e quindi non perché la mamma prenda una pistola e spari al figlio); tuttavia questa definizione è un po’ “nebulosa” nel senso che va valutata caso per caso. Il Codice Penale, infatti, nella formazione dell’articolo non dà chiare indicazioni circa la situazione di abbandono morale e materiale che potrebbe quindi configurarsi in condizioni di estrema povertà, di abbandono completo della donna incinta da parte di parenti e amici, una donna in condizioni di disagio psichico o in qualunque altra condizione che possa “giustificare” questo atto. Inoltre, un altro elemento che secondo la dottrina corrente va considerato è che l’omicidio avvenga in stretto rapporto cronologico con il parto a causa del “turbamento” legato alla nascita e alle condizioni di abbandono. Tuttavia non è detto che debba avvenire per forza immediatamente dopo il parto perché la donna potrebbe essere incosciente.
Implicitamente, inoltre, lo stesso articolo individua anche il così detto feticidio che si compie quando la madre uccide il feto durante il parto. Questa fattispecie è un po’ strana perché effettivamente è stata individuata dalla dottrina per indicare quella situazione che sta a ponte tra l’aborto (del feto) e l’infanticidio (del neonato appena giunto al mondo): appare infatti difficile comprendere come la madre da sola possa uccidere il feto durante il parto (la dizione “durante il parto” è stata interpretata come il periodo che va dalla rottura delle acque al momento del taglio del cordone ombelicale che pone fine al parto).
Tornando all’infanticidio, può esserci concorso di persone nel reato (art. 634 c.p.) ma in questo caso la pena equivale a cagionare un omicidio doloso salvo l’ipotesi in cui un soggetto agisca per aiutare quella che è già la volontà espressa da parte della madre.
Articolo creato il 2 gennaio 2014.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.