Incapacità naturale
Secondo l’articolo 428 del Codice Civile gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere e volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all’autore. L’annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace di intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell’altro contraente.
In definitiva presupposto per ritenere valido un atto avente valore giuridico è che chi lo compie deve avere, al momento della redazione, capacità di intendere e di volere; ne consegue che atti compiuti in assenza (o con grave turbativa) di detta capacità possono essere annullati, ove naturalmente si provi lo stato di incapacità.
L’incapacità naturale si riferisce, in altri termini, allo stato di mente presente al momento in cui gli atti sono stati compiuti. Poiché non tutti gli atti giuridici hanno lo stesso livello di complessità, è evidente che il livello di “incapacità” richiesto per il suo annullamento sarà differente, proporzionato al tipo di atto: è, ad esempio, di certo più semplice la redazione di un testamento rispetto ad una donazione; pertanto, l’incapacità va valutata caso per caso.
In ogni caso esiste presunzione di capacità in qualsiasi persona adulta e dunque tutti gli atti sono da considerare validi sino a dimostrazione contraria; l’onere di provare la nullità è posto a carico di chi avanza istanza di annullamento, che dovrà fondarsi su elementi documentali che provino lo stato di incapacità o da cui sia possibile desumerla con un ragionamento scientificamente fondato.
Se, ad esempio, chi ha compiuto un determinato atto è affetto da demenza di Alzheimer in una fase molto avanzata, e l’atto oggetto di richiesta di annullamento – una donazione ad esempio – è stato disposto un mese prima, è verosimile che anche al momento dell’atto le capacità di intendere o di volere dell’esaminando fossero compromesse, tenuto conto dell’andamento progressivo e lineare che tipicamente caratterizza il decorso della demenza di Alzheimer.
L’incapacità naturale, poi, non deve considerarsi una condizione definita in assoluto ed una volta per tutte, ma va invece ricercata in rapporto ad ogni singolo atto oggetto di accertamento. La stessa persona può essere considerata capace di redigere un atto, disposto in un dato momento, di una certa complessità e non un altro, se collocabile in un momento storico distinto e sostenuto da diversa motivazione.
Secondo l’articolo 427 c.c., gli atti di qualsiasi tipo compiuti da un soggetto interdetto o inabilitato sono annullabili su istanza, rispettivamente, del tutore o curatore, del soggetto stesso o di chiunque ne abbia interesse. L’istanza di annullamento si prescrive in 5 anni.
Articolo creato il 5 febbraio 2014.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.