Ghiandole esocrine intraparietali ed extraparietali
La distinzione delle ghiandole esocrine intraparietali ed extraparietali è fatta in base allo sviluppo delle ghiandole.
Se durante lo sviluppo rimangono nella parete del viscere nel quale riversano il loro secreto, si parla di ghiandole intraparietali; se si sviluppano al di fuori del viscere, al quale sono collegate mediante un dotto escretore, si parla di ghiandole extraparietali. Le ghiandole intraparietali sono a loro volta suddivise in ghiandole intraepiteliali, se sono contenute nello spessore dell’epitelio di rivestimento della mucosa da cui derivano, e in ghiandole esoepiteliali se si approfondano al di sotto dell’epitelio, nello spessore della tonaca propria (e in questo caso si parla di ghiandole coriali) o della tonaca sottomucosa (e in questo caso si parla di ghiandole sottomucose).
Le ghiandole pluricellulari intraepiteliali sono rare; si trovano nell’uretra cavernosa e nei condottini deferenti dell’epididimo e sono formate da accumuli di cellule disposte a delimitare un piccolo lume, accolte nello spessore dell’epitelio di rivestimento.
La maggior parte delle ghiandole pluricellulari sono esoepiteliali ed extraparietali. Quest’ultima categoria comprende le ghiandole più grosse dell’organismo (pancreas esocrino, fegato, ghiandole salivari).
Nelle ghiandole più semplici tutti gli elementi epiteliali che compongono l’organo hanno funzione secernente e nello stesso tempo delimitano il lume del dotto. Passando alle ghiandole più complesse si verifica una progressiva specializzazione funzionale: gli elementi che formano la parte distale del germoglio epiteliale che invade il tessuto connettivo si differenziano in cellule secretorie e costituiscono la porzione secernente o adenomero, mentre quelle comprese tra le cellule secernenti e la superficie circoscrivono i dotti escretori e costituiscono la porzione escretrice. L’adenomero è costituito da cellule disposte a circoscrivere un lume che si continua con il lume del dotto. L’adenomero si trova dunque all’estremità del dotto e, nel caso di ghiandole con dotti ramificati, all’estremità di ogni singola ramificazione.
Articolo creato il 28 febbraio 2010.
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