Deontologia medica
Con la locuzione “deontologia medica” s’intende l’obbligo ad una determinata condotta cui il medico deve attenersi nell’esercizio professionale, in forza di leggi e regolamenti raccolti in apposito codice da parte di organismi o associazioni mediche, nazionali o sopranazionali.
Prima che Bentham partorisse il concetto di deontologia e prima che esso fosse conosciuto nella comunità professionale, il medico si riferiva non al concetto del dovere, ma a quello dell’impegnarsi nell’interesse del paziente, concetto, quest’ultimo, che, con quello, prima indicato, del dovere, non si identificava di certo. Il dovere scaturisce da un obbligo estraneo a una valutazione globale della realtà autonomamente fatta dal soggetto agente, mentre l’impegno è l’espressione alta di una scelta in genere in funzione di un obiettivo. Il dovere resta fondamentalmente un’imposizione esterna, anche se il singolo soggetto vi aderisce volontariamente.
Il principio dell’impegno nell’interesse del paziente emerge in tutta evidenza nel giuramento di Ippocrate e nella preghiera quotidiana del medico, attribuita a Mosè Maimonide. Questi due documenti, tramandati come dettati da medici, si caratterizzano per essere l’espressione di un impegno autonomo del medico.
Qualcuno può ritenere la valutazione del “modo di porsi” una questione meramente teorica, perché l’obiettivo del rispetto delle corrette regole può essere raggiunto a prescindere dal movente che ispira il professionista: il rispetto delle regole è tale, si potrebbe sostenere, sia che il professionista operi in forza di un intimo convincimento morale, sia che agisca per dovere (e, in quest’ultimo caso, potrebbe essere aggiunto, sia che il senso del dovere scaturisca dal timore di sanzioni, sia che esso sia espressione di educazione al rispetto delle regole).
Il motivo per cui il professionista sanitario realizza una data condotta ha invece importanza decisiva, perché condiziona tutto lo stile dell’agire professionale e l’adeguatezza della sua risposta ai bisogni dell’assistito. Agire in funzione di scelte (il che corrisponde alla logica dell’impegno) è espressione di una capacità di sapersi rapportare con la persona, analizzarne i bisogni e dare risposte confacenti, siano esse di natura tecnico-scientifica o relazionale-sociale. Agire perché si devono rispettare regole rischia di non educare il professionista sanitario alla comprensione dei bisogni contingenti della persona di cui si prende cura e a sapersi comportare in funzione della problematicità del singolo caso.
L’impegno medico è sempre stato intrinsecamente caratterizzato da unilateralità: preghiere e giuramenti sono forme in cui il medico esprimeva, dal punto di vista generale, il proprio impegno, che era, per sua natura, non concordato con il paziente. Nella dimensione della deontologia, viene stabilito un dovere professionale perché è riconosciuto un corrispondente diritto dell’altro, cioè del paziente: in questo senso può assumere risalto la bilateralità, che è comunque più fittizia che sostanziale, posto che è sempre il professionista sanitario, sempre unilateralmente, a dettare le regole del codice di deontologia. Se il codice di deontologia deve essere il riconoscimento dei diritti del paziente e dei rispettivi doveri del professionista, allora dovrebbe essere negoziato fra le parti interessate.
Il discorso del dovere, nella sua corrispondenza speculare con il diritto dell’altro, ha contribuito a liberare il rapporto con la persona dal paternalismo, dall’arbitrio e dalla presunzione d’onnipotenza del medico o di qualunque altro professionista sanitario che si ispirasse, in tutto o in parte, a detti principi. Per queste ragioni, il fatto che un codice comportamentale professionale si ispiri alla logica del dovere può essere considerato una conquista del paziente.
Il discorso del dovere, tendendo a chiedere uniformità di condotte, può facilitare la deresponsabilizzazione del professionista (specie quando egli sia superficiale) nei confronti della persona che assiste, può contribuire al calo della sua empatia con la stessa e può indurre una formalizzazione del rapporto: è dunque opportuno che continui a vivere la logica dell’impegno, alla quale la logica del dovere si è affiancata, senza averla sostituita (né mai avrebbe potuto farlo).
Articolo creato il 6 febbraio 2014.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.