Cartella clinica
La cartella clinica è un atto pubblico di fede privilegiata (“fede privilegiata” significa che il contenuto è confutabile solo con la prova contraria); deve essere redatta da un Pubblico Ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede ai sensi dell’articolo 2699 del Codice Civile.
La cartella clinica ha funzione di diario dell’intervento medico e dei relativi fatti clinici che caratterizzano il ricovero di un paziente fino alla sua dimissione; i fatti devono essere annotati conformemente al loro verificarsi (onde evitare il reato di falso ideologico).
La cartella clinica deve contenere:
- Generalità del paziente, accertate con esibizione di un documento di riconoscimento valido.
- Data d’ingresso in ospedale ed ora del ricovero.
- Nominativi delle persone dal paziente autorizzate a ricevere comunicazione dei dati sensibili (l’informazione ai familiari non è prevista senza il consenso esplicito del paziente).
- Diagnosi di ammissione e status all’ingresso.
- Anamnesi familiare, fisiologica, lavorativa, patologica prossima e remota.
- Esame obiettivo, generale e locale.
- Risultati degli esami di laboratorio, strumentali e degli accertamenti specialistici.
- Orientamento diagnostico.
- Terapie praticate e descrizione degli interventi chirurgici eventualmente eseguiti.
- Decorso della malattia durante la degenza (diario clinico).
- Dichiarazioni esplicite di consenso per ogni atto medico o chirurgico che eccede la normale routine ed il contenuto dell’informazione fornita dal sanitario.
L’importanza della cartella clinica è molteplice:
- Sotto il profilo clinico.
- Sotto il profilo medico-legale.
- Sotto il profilo statistico-sanitario.
- Sotto il profilo scientifico.
La cartella clinica è anche l’unico strumento legalmente utile e valido per potervi inserire eventuali dissensi sulle procedure rispetto ad un collega (se il primario vuole procedere in un modo e si è in dissenso con tale procedura occorre precisarlo: la responsabilità non è solo del primario nel caso qualcosa andasse male); inoltre, la cartella clinica deve essere scritta in modo leggibile affinché tutti gli interessati ne possano fruire.
La responsabilità della regolare compilazione, della tenuta e della custodia della cartella clinica fino alla consegna nell’archivio centrale dell’azienda spetta al primario del reparto che deve inoltre vigilare anche sui contenuti tecnici della cartella, sull’aderenza alla realtà obiettiva di quanto vi è riportato e deve verificare la correttezza degli accertamenti richiesti, della diagnosi formulata e della terapia prescritta e praticata.
Negli ospedali, dopo che il paziente è stato dimesso, le cartelle cliniche, ciascuna con un numero progressivo, sono conservate sotto controllo del direttore sanitario. Esse devono essere conservate illimitatamente perché rappresentano un atto ufficiale indispensabile a garantire la certezza del diritto, oltre a costituire preziosa fonte documentaria per le ricerche di carattere storico-sanitario. La conservazione va effettuata dapprima in un archivio corrente e successivamente, trascorso un quarantennio, in una separata sezione di archivio, istituita dalla struttura sanitaria; non rivestendo le radiografie, può ritenersi sufficiente per la loro conservazione il periodo minimo di venti anni; gli Enti, ove lo ritengano necessario, possono adottare un periodo di conservazione più lungo. Lo scarto del materiale d’archivio è condizionato al preventivo nulla osta del sopraintendente archivistico competente.
È diritto del paziente prendere visione o avere copia integrale di quanto contenuto nella cartella clinica. Tale rilascio è eseguito anche su richiesta dei familiari aventi diritto, dell’Autorità giudiziaria e di altri enti pubblici autorizzati.
Articolo creato il 12 febbraio 2014.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.