Accertamento della morte
La legge 578/1993 definisce la morte di un individuo come la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo. La cessazione irreversibile delle funzioni dell’encefalo implica la morte delle strutture cerebrali (compreso il tronco cerebrale).
In Italia si adotta la locuzione whole brain death perché la diagnosi di accertamento di morte comprende anche un elettroencefalogramma che valuta anche la funzione corticale. Esistono infatti rare condizioni di soggetti locked in che pur avendo perso (quasi) completamente le funzioni tronco-encefaliche, hanno ancora intatta la funzione cortico-cerebrale e pertanto riescono a comunicare con l’esterno attraverso il movimento delle sole palpebre (non riescono a muovere null’altro e quindi neanche a parlare).
Una volta accertato lo stato di morte, bisogna smettere di mantenere in vita il corpo salvo per pochissimo tempo necessario ad un prelievo di organi o nel caso in cui la donna sia incinta e si ritenga valida la possibilità di portare a termine la gravidanza utilizzando il corpo materno come una sorta di incubatrice naturale.
Per determinare l’accertamento della morte ci sono due metodi: con criteri encefalici e con criteri cardiologici.
I criteri encefalici è possibile applicarli solamente quando il soggetto si trova ancora in rianimazione attaccato al respiratore artificiale.
Una volta che il medico della rianimazione ha effettuato il rilievo delle condizioni che inducono all’accertamento della morte (EEG privo di attività elettrica, apnea indotta con sospensione della respirazione automatica, assenza di riflessi del tronco encefalo attraverso i nervi ivi afferenti), ha l’obbligo di avvisare la Direzione Sanitaria senza attendere oltre. La Direzione Sanitaria avvisa quindi il Collegio Medico (costituito da un medico legale, da un anestesista rianimatore e da un neurologo esperto di elettroencefalografia) che procederà alla valutazione della persistenza dello stato (al Collegio Medico spetta infatti verificare per 3 volte i parametri di cui sopra in un arco che di norma è di 6 ore). Al termine del tempo previsto il Collegio Medico dichiara la morte del soggetto che si fa risalire al momento del primo accertamento da questo effettuato e si può inviare il cadavere all’obitorio o convocare la commissione per il prelievo degli organi.
La durata del periodo di accertamento da parte del Collegio Medico deve essere non meno di:
- 6 ore negli adulti e nei bambini di età superiore a 1 anno;
- 24 ore nei bambini di età inferiore ad 1 anno (è comunque necessario anche uno studio del flusso cerebrale). In tutti i casi di danno cerebrale anossico il periodo di osservazione non può iniziare prima che siano trascorse 24 ore dal momento dell’insulto.
Nei neonati l’accertamento della morte può essere eseguito solo se la nascita è avvenuta dopo la 38a settimana di gestazione e comunque dopo una settimana di vita extrauterina. Si pone quindi il problema dell’utilità dei neonati anencefali per la donazione degli organi: anche se la madre portasse a termine la gravidanza, questo nascituro non si potrebbe utilizzare perché questo ha comunque un tronco cerebrale integro ed essendo di età inferiore ad un anno bisognerebbe attendere una settimana per la dichiarazione di morte (il cadavere sarebbe già putrefatto e non servirebbe più a nulla).
Il riscontro del flusso ematico cerebrale è necessario in caso di:
- Bambini di età inferiore ad 1 anno.
- Presenza di fattori concomitanti (farmaci depressori del sistema nervoso centrale, ipotermia, ipotensione progressiva, turbe endocrino-metaboliche).
- Impossibilità di esecuzione dell’elettroencefalogramma.
- Impossibilità di rilievo di riflessi del tronco cerebrale.
- Tutti i casi di dubbia interpretazione.
I criteri cardiologici si adottano al di fuori delle condizioni in cui il soggetto si trovi in rianimazione, ad esempio in casa. Con questo metodo il medico necroscopo è chiamato a valutare la cessazione del circolo per un tempo tale da comportare la perdita irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo. Si considerano i seguenti articoli del Regolamento di Polizia Mortuaria:
Art. 4 RPM
La funzione di medico necroscopo, in veste di Pubblico Ufficiale, è svolta solo e soltanto da medici con precise qualifiche e cioè: dal direttore “medico” o suo delegato in ospedale, da medici con apposita nomina dell’azienda sanitaria in ambito territoriale.
Le attività sono rappresentate da: svolgimento della visita, redazione del certificato ed eventualmente del referto all’autorità giudiziaria (secondo il richiamo all’art. 365 c.p. operato nel testo del regolamento di polizia mortuaria).
L’obiettivo fondamentale è l’accertamento della morte: la conferma cioè della realtà morte già constatata da altro medico.
Art. 5 RPM
La visita del medico necroscopo deve essere effettuata tra le 15 e le 30 ore dal presunto decesso.
Art. 8 RPM
Nessun cadavere può essere chiuso in cassa, né essere sottoposto ad autopsia, a trattamenti conservativi, a conservazione in celle frigorifere, né essere inumato, tumulato, cremato, prima che siano trascorse 24 ore dal momento del decesso, salvo i casi di decapitazione o di maciullamento e salvo quelli nei quali il medico necroscopo avrà accertato la morte anche mediante l’ausilio di elettrocardiografo, la cui registrazione deve avere una durata non inferiore a 20 minuti primi, fatte salve le disposizioni di cui alla legge 644/1975, e successive modificazioni.
Art. 9 RPM
Nei casi di morte improvvisa ed in quelli in cui si abbiano dubbi di morte apparente, l’osservazione deve essere protratta fino a 48 ore, salvo che il medico necroscopo non accerti la morte nei modi previsti dall’art. 8 RPM.
Art. 10 RPM
Nei casi in cui la morte sia dovuta a malattia infettiva-diffusiva compresa nell’apposito elenco pubblicato dal Ministero della sanità o il cadavere presenti segni di iniziata putrefazione, o quando altre ragioni speciali lo richiedano, su proposta del coordinatore sanitario dell’unità sanitaria locale il sindaco può ridurre il periodo di osservazione a meno di 24 ore.
Art. 11 RPM
Durante il periodo di osservazione il corpo deve essere posto in condizioni tali che non ostacolino eventuali manifestazioni di vita. Nel caso di deceduti per malattia infettiva-diffusiva compresa nell’apposito elenco pubblicato dal Ministero della sanità il coordinatore sanitario dell’unità sanitaria locale adotta le misure cautelative necessarie.
Per definire l’ora di riferimento, può sussistere incertezza quando la morte non è testimoniata, quando cioè l’epoca di morte è ricostruita in base ai dati tanatocronologici o ad altre informazioni circostanziali, spesso con l’indicazione di un tempo minimo e di un tempo massimo: in tal caso il computo, per quanto riguarda i tempi della visita necroscopica, va fatto rispetto all’epoca più prossima fra le due ipotizzate.
La visita va svolta focalizzando l’attenzione sui segni di morte certa. Alla quindicesima ora (e in epoca successiva a maggior ragione) è da aspettarsi, in assenza di fattori interferenti significativi, che, oltre alla cessazione delle funzioni nervosa, cardiocircolatoria e respiratoria, siano in fase avanzata l’ipotermia, la rigidità cadaverica e le macchie ipostatiche. È raccomandabile che il medico necroscopo ricorra al rilievo elettrocardiografico, per integrare il rilievo obiettivo dei pertinenti segni fisici e non quale unico mezzo di accertamento della morte. I segni fisici possono essere rilevati dal medico spogliando il cadavere anche solo parzialmente. Tuttavia, secondo l’ordinamento di stato civile, la visita necroscopica ha un secondo obiettivo: infatti l’indicazione nel certificato dell’esistenza di indizi di morte dipendente da reato o di morte violenta, ne impone implicitamente la “ricerca” nel corso della visita; il che porta alla conclusione che la visita debba essere obbligatoriamente svolta su un cadavere completamente spogliato.
In merito al certificato, ogni medico necessariamente compilerà il modulo adottato nel proprio Comune, riportando anche – qualora non espressamente previste – le rilevate caratteristiche dei parametri tanatocronologici.
Il contenuto della segnalazione all’autorità giudiziaria è quello abituale, ricavabile dai pertinenti disposti del codice di procedura penale (Art. 332 per la denuncia del Pubblico Ufficiale ed Art. 334 per il referto); si tratta in particolare di riportare le generalità del soggetto deceduto, il luogo ove si trova il cadavere, le lesioni rilevate, altre notizie utili per stabilire le circostanze del fatto ed i mezzi con i quali è stato commesso.
Attenzione: se persiste qualsiasi forma di dubbio non si deve mai porre diagnosi di morte.
Infine, la morte rappresenta il punto di passaggio dalla persona (soggetto vivo con propri diritti) a cadavere (soggetto morto senza diritti; diventa quindi un oggetto e pertanto diventa di proprietà dello Stato).
Articolo creato il 6 gennaio 2014.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.