Agenti chelanti
Gli agenti chelanti sono antagonisti dei metalli pesanti e sono sintetizzati espressamente allo scopo di competere con questi ultimi per i gruppi funzionali così da prevenire o neutralizzare gli effetti tossici da essi causati e aumentarne l’escrezione.
L’efficacia di un agente chelante nel trattamento degli avvelenamenti da metalli pesanti dipende da vari fattori, in particolare dall’affinità per il metallo pesante rispetto a quella per i metalli essenziali presenti nell’organismo e dalla capacità del chelante di mobilizzare il metallo dall’organismo una volta chelato.
Il chelante ideale dovrebbe possedere le seguenti caratteristiche:
- Alta solubilità in acqua.
- Resistenza alla biotrasformazione.
- Capacità di raggiungere i siti di accumulo del metallo, di formare complessi non tossici con i metalli tossici, di mantenere l’attività chelante al pH dei liquidi corporei.
- Rapida escrezione del chelato.
- È inoltre auspicabile una bassa affinità per il Ca2+ in quanto il Ca2+ presente nel plasma è prontamente disponibile alla chelazione, quindi un agente chelante a elevata affinità per tale ione potrebbe causare ipocalcemia, nonostante l’alta capacità di legame nei confronti dei metalli pesanti. È questo il requisito più importante di un chelante terapeutico in quanto i numerosi ligandi endogeni, ampiamente disponibili nell’organismo, costituiscono un ostacolo importante all’efficacia degli agenti chelanti.
Agenti chelanti sono:
- Edetato sodico calcico (CaNa2EDTA).
- Dimercaprolo (o British anti-lewisite).
- Penicillamina.
- Succimer.
- Trientina.
- Deferoxamina.
Articolo creato il 10 marzo 2010.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.