Interazione farmaco-recettore
L’interazione farmaco-recettore può essere descritta dall’equazione: R + F <=> RF. Il farmaco si lega con il recettore formando un complesso farmaco-recettore; esiste un equilibrio tra il recettore complessato al farmaco e il recettore libero.
L’interazione farmaco-recettore è mediata da legami a bassa energia, cioè legami chimici deboli come legami idrogeno, attrazione di Van der Waals, interazioni idrofobiche e ponti salini. La maggior parte dei farmaci utilizza legami a bassa energia perché facilmente scindibili dall’acqua anche se esistono degli esempi di legami forti che sono covalenti che non vengono utilizzati dai farmaci perché una volta contratti determinano un’interazione irreversibile. Affinché si possa generare una risposta biologica, però, è necessario che il farmaco resti a contatto col recettore per un tempo sufficientemente lungo; questo è garantito proprio dal numero di legami a bassa energia che deve essere relativamente elevato.
Per esempio, l’alfa-bungarotossina di cobra contrae con il recettore nicotinico dei legami a bassa energia ma il numero dei legami è così elevato che la sua interazione diventa irreversibile (causa paralisi).
Il farmaco deve avere una struttura chimica complementare al sito di riconoscimento. La complementarietà di struttura è alla base della specificità dell’interazione farmacologica, anche se ci sono dei farmaci che oltre a riconoscere il sito principale possono anche legarsi su altri recettori, evento che accade quando aumenta la concentrazione di un farmaco. Per esempio, ci sono alcuni broncodilatatori agonisti selettivi del recettore beta2-adrenergico, cioè si legano in modo assai selettivo con questo recettore presente ad elevata densità a livello della muscolatura bronchiale. Se le concentrazioni di questi farmaci superano un certo valore, potranno anche legarsi a recettori beta1-adrenergici presenti a livello cardiaco potendo dar origine così ad effetti secondari oltre all’effetto terapeutico.
Solo i neurotrasmettitori endogeni come l’acetilcolina (ACh) si legano con recettori che riconoscono in maniera specifica e selettiva un determinato neurotrasmettitore; esiste, infatti, il modello chiave-serratura, cioè per ogni neurotrasmettitore o ligando endogeno esiste uno specifico recettore.
I ligandi endogeni o riconoscono un unico tipo di recettori o più frequentemente possono riconoscere più sottotipi dello stesso recettore. Per esempio, l’ACh può controllare diverse funzioni interagendo con recettori sia di tipo nicotinico (recettore-canale), sia di tipo muscarinico (recettore accoppiato a proteina G).
Proprio per minimizzare il problema degli effetti collaterali si sviluppano farmaci con caratteristiche strutturali che si adattino solo ad un recettore specifico, quindi si parte dallo studio del modello dei recettori, proprio per evitare che un farmaco possa agire indiscriminatamente su diversi tipi di recettori cellulari. Per esempio, ci sono delle situazioni, come nella miastenia gravis, in cui è necessario potenziare il tono colinergico; l’ACh non può essere somministrata perché verrebbe immediatamente idrolizzata da esterasi plasmatiche e quindi non giungerebbe nel vallo sinaptico per mediare gli effetti; allora si sono disegnati dei farmaci con struttura molecolare molto simile all’ACh, con delle piccole modificazioni strutturali che non ostacolano il legame col recettore (tali farmaci sono esteri della colina), ma che rendono questi farmaci resistenti all’attacco dell’ACh-esterasi.
Articolo creato il 3 marzo 2010.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.