Dissoluzione del farmaco
Una volta somministrata ed aperta, la compressa rilascia dei granuli (degranulazione del principio attivo); tale processo di disaggregazione non avviene se si somministrano le capsule (già in forma granulare), anche se in tutti i casi segue una degranulazione ulteriore in particelle primarie ritrovabili nelle capsule, nelle sospensioni, nei farmaci poco solubili. I granuli o le particelle primarie vanno incontro alla solubilizzazione.
Se invece di somministrare una forma solida si somministra la forma liquida, si evitano tutti questi processi e così si avrà un effetto più immediato.
La dissoluzione di una forma farmaceutica solida è trattabile come un processo cinetico distinguibile in due stadi:
- Il solido ingerito si dissolve fino a raggiungere la concentrazione di saturazione, Cs, in una piccola porzione (strato diffusionale) del liquido che lo circonda;
- Le particelle dissolte nello strato diffusionale diffondono nella massa liquida che avvolge il solido.
Secondo la legge di Noyes-Whithney, la dissoluzione di una sostanza è data dalla seguente formula:
dq = KS (Cs-C)
dt
Dove q è la quantità di solido liberata nel tempo t, K è il coefficiente di proporzionalità (direttamente proporzionale alla diffusione di un composto in soluzione satura del mezzo considerato, accelerabile aumentando la temperatura, ed inversamente proporzionale allo stato di diffusione), S è la superficie delle particelle dissolte, Cs è la concentrazione massima di saturazione (solubilità del principio attivo) e C la concentrazione del composto nel tempo t.
Dall’equazione si capisce che pur rimanendo costante la solubilità di una forma farmaceutica solida, la velocità di diffusione può essere variata sensibilmente aumentando la suddivisione del solido in particelle più piccole.
Per quanto riguarda il solvente, essendo fisiologicamente costituito da una soluzione acquosa, l’unico fattore significativo (oltre la viscosità e la densità della soluzione, fisiologicamente irrilevanti), è rappresentato dall’influenza del pH sulla solubilità.
Per quantificare l’influenza del pH sulla velocità di dissoluzione, ci si riferisce alla costante di equilibrio, Ka, di un acido debole AH, dissociato secondo la reazione: AH <=> [A–] + [H+] al quale corrisponde l’equazione:
Considerando che la concentrazione di saturazione è legata alla presenza del farmaco per le frazioni non ionizzata e ionizzata, si può scrivere: Cs = [AH] + [A–]. Inserendo in questa equazione il valore di [A-] ricavato nell’equazione precedente, si ottiene:
Poiché la concentrazione iniziale dell’acido è: Ci = [AH], inserendo queste condizione nell’equazione precedente, si ricava la concentrazione di saturazione:
Sostituendo Cs nell’equazione che esprime la legge di Noyes-Whithney, si ottiene:
L’equazione così ottenuta mostra come la velocità di dissoluzione sia legata all’acidità dell’ambiente. Per questo, ove possibile, si possono migliorare le caratteristiche di una formulazione farmaceutica salificando il principio attivo. In questo caso Cs = [A–], cioè la velocità di dissoluzione dipende direttamente dalla concentrazione del farmaco.
La forma cristallina è la meno solubile dato che è la più compatta rispetto ad una forma granulata o amorfa e lo è ancora di più rispetto alla forma liofilizzata, che essendo più porosa è più facilmente aggredibile.
Si può intervenire ancora riducendo il farmaco in particelle di granulazione ancora più piccole in modo da aumentare l’area della superficie. Per variare la quota del farmaco dissociato/non dissociato (a seconda se è un acido o una base), si utilizzano altre sostanze che variano il pH. Ad esempio, l’aspirina tamponata contiene acido acetilsalicilico 325 mg, magnesio idrossido 100 mg, alluminio glicinato 50 mg; questo è necessario e sufficiente per variare il pH intorno al valore di 1, che permetterà l’aumento della forma dissociata che ne favorirà l’assorbimento. Per variare invece il pH del Maalox (compresse masticabili) ci sono 300 mg di magnesio e 600 mg di alluminio.
In sintesi: aumentando la ionizzazione del farmaco, si velocizza il processo della dissoluzione.
Tali interventi sono necessari se si desidera un effetto immediato e di elevata intensità. Al contrario, non si effettuano tali interventi se si desidera un’azione protratta nel tempo con un’intensità non elevata; ad esempio, negli ipoglicemizzanti orali non si effettua altrimenti si avrebbe un picco ipoglicemizzante con il rischio di coma ipoglicemico.
Nello stomaco il pH varia da 1 a 3 in funzione del riempimento e della funzione tamponante; a livello dell’intestino varia da 4.8 a 8.2 portati a livello di mucosa ad un pH di 5.3. A livello dell’intestino c’è uno strato di muco che ricopre la mucosa intestinale, al di sotto del quale c’è uno strato di acqua stagnante per attraversare il quale sono necessarie caratteristiche di idrosolubilità da parte del farmaco (il quale farmaco necessita anche di proprietà liposolubili per attraversare la membrana). Gli oli minerali sono prettamente liposolubili, assorbiti e perciò sono usati come evacuanti intestinali.
Le variazioni del pH e quindi della quota di farmaco dissociato possono variare secondo l’equazione di Handersson-Hasselback:
pH = pKa+log [AH] da cui si ottiene che [A] = 10pH-pKa.
[A] [HA]
Da ciò si deduce che a seconda del pH si avrà una quota di farmaco dissociata/indissociata diversa a seconda dei vari distretti. Considerando un farmaco acido come il probenecid, che ha un pK di 3.4, giunto nello stomaco dove c’è un pH di 1.4, la quota di farmaco indissociata sarà 99.99%:
(A)/(HA) = 10pH-pKa = 101,4-3,4 = 10-2 = 0,01 così il farmaco a livello dello stomaco è facilmente assorbibile.
Il farmaco così giunge nel sangue dove il pH è 7.4; in queste condizioni si avrà:
(A)/(HA) = 10pH-pKasup> = 107,4-3,4 = 104sup> = 10000, con il 99.99% trasformato nella forma dissociata e quindi non diffusibile, non potendo così retrodiffondere.
L’innalzamento del pH favorisce la dissoluzione di farmaci acidi; l’abbassamento, di quelli basici.
Articolo creato il 28 febbraio 2010.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.