Sperimentazione sull’uomo
Secondo le Norme di Buona Pratica Clinica 1991 (Good Clinical Practice o GCP), per studio clinico s’intende ogni studio sistematico su prodotti medicinali condotto sull’uomo (pazienti o volontari sani) allo scopo di scoprirne o verificarne gli effetti e/o identificarne ogni reazione avversa e/o per studiarne l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’escrezione allo scopo di accertare efficacia e tollerabilità dei prodotti.
È necessario ricordare la differenza tra sperimentazione terapeutica, che ha una finalità individuale (la cui rilevanza diagnostico-terapeutica è cioè diretta al paziente stesso, soggetto della sperimentazione) e sperimentazione non terapeutica (o sperimentazione pura), che ha una finalità sociale (la verifica delle ipotesi scientifiche non ha una diretta correlazione di beneficio con i bisogni del volontario sano).
La sperimentazione clinica può inoltre riguardare nuove tecniche, metodiche, dispositivi medici, apparecchiature, protocolli diagnostico-terapeutici, ovvero medicinali prima della loro immissione in commercio o per monitorarne gli effetti dopo la registrazione all’uso commerciale da parte del Ministero della salute.
La sperimentazione si articola in due momenti: quello preclinico e quello clinico.
- La sperimentazione preclinica comprende sia le prove di laboratorio, di natura essenzialmente chimica, sia la sperimentazione su animali, e può essere ricondotta all’ambito più generale della ricerca di base.
- La sperimentazione clinica rappresenta la fase più importante e delicata nello sviluppo di un farmaco, poiché comporta la verifica, in termini di efficacia e tollerabilità, delle ipotesi formulate nel corso della sperimentazione preclinica. La maggior parte delle sostanze studiate non supera questa fase sperimentale: su migliaia di molecole sintetizzate solo alcune diventano specialità medicinali.
Articolo creato il 10 febbraio 2014.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.