Capacità di disporre per donazione
La donazione è definita, dall’articolo 769 del Codice Civile, un contratto e, per la sua perfezione, è richiesto l’incontro dì due volontà. Non ha capacità di donare il minorenne e l’interdetto (salvo che nel matrimonio), l’inabilitato, l’incapace naturale. La donazione può essere revocata se si verificano due condizioni codificate: ingratitudine e sopravvenienza di figli. Deriva che la donazione è negozio giuridico più complesso del testamento e, tenuto conto che produce i suoi effetti di liberalità già in vita, per l’eventuale annullamento per incapacità di intendere e di volere al momento in cui la donazione è stata fatta (Art. 775 c.c.), si deve adottare sotto il profilo psicopatologico un criterio più ampio di quello seguito per il testamento.
La differenza riguarda le condizioni morbose che possono produrre incapacità di intendere e di volere; nel caso della donazione può rilevare qualsiasi condizione che, pur non comportando l’annullamento totale dei poteri psichici, produca un disordine psichico tale da impedire al soggetto una seria valutazione dei propri atti e la formazione di una volontà cosciente.
Nel caso della vecchiaia, le alterazioni dell’affettività, l’affievolimento dei poteri di critica, i disturbi della memoria e dell’ideazione, ancorché non integranti veri e propri quadri nosografici, debbono essere attentamente considerati ai fini della capacità di donare.
In sostanza se per l’annullabilità di un testamento è richiesta una totale incapacità, nel caso della donazione sono sufficienti anche limitazioni parziali delle funzioni psichiche, in specie se agiscono sulle capacità di analisi, prospettazione, previsione e critica.
Articolo creato il 5 febbraio 2014.
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