Medicina legale

Ecchimosi

Le ecchimosi sono lesioni contusive caratterizzate da stravasi emorragici vitali post-traumatici che interessano prevalentemente la cute ma possono rilevarsi anche a carico di organi interni o strutture muscolari.
Le ecchimosi cutanee si caratterizzano per la raccolta di sangue nel derma o nel sottocutaneo (mentre l’epidermide rimane integra) a seguito della ressi dei vasi dell’epidermide e/o del derma dopo un trauma contusivo che abbia agito mediante compressione (che schiaccia i vasi), trazione (che stira i vasi e li lacera per strappamento) o decompressione (colpo di ventosa-suzione) esercitato sulla superficie cutanea. Lo stravaso traspare all’esterno con la colorazione bluastra tipica propria della lividura.
Le ecchimosi profonde interessano organi interni (encefalo, polmoni, fegato, anse intestinali, muscoli, ecc.) e rientrano quali epifenomeni nel più ampio capitolo delle lesioni viscerali che si realizzano per meccanismi traumatici diretti (ecchimosi epatica da trauma diretto addominale) ovvero indiretti per trasmissione di forze: (ecchi­mosi polmonari con impressione delle coste nei precipitati) per fenomeni di accele­razione/decelerazione, indotte da violenti e ripetuti movimenti di succussione del ca­po (piccole ecchimosi corticali retiniche nella “sindrome del bambino picchiato”), per fenomeni distrattivi (ematomi profondi da lacerazioni muscolari), ovvero per feno­meni decompressivi (ecchimosi polmonari con air-trapping da sovradistensione pol­monare).
Le ecchimosi possono essere suddivise per tipologia e morfologia in:

  • Ematomi (voluminose raccolte ematiche saccate in cavità neoformate).
  • Petecchie (piccole raccolte ematiche puntiformi sierose).
  • Soffusioni (infiltrazioni ematiche laminari).
  • Vibici (stravasi ematici lineari).
  • Suggellazioni (stravasi ematici ex-vacuo dati dalla confluenza di piccole ecchi­mosi).

Le ecchimosi, in genere, non sono inizialmente visibili, si rendono evidenti solo alcune ore dopo il trauma e talvolta possono essere difficilmente rilevabili in soggetti dalla pelle scura, nei decomposti e negli ustionati.
Talora possono essere confuse con le ipostasi; ovvia la necessità di procedere ad una diagnosi differenziale tra ecchimosi ed ipostasi atteso che le prime sono l’effetto di un’azione violenta e le seconde rappresentano un naturale fenomeno tanatologico.
Le ipostasi, essendo espressione di un fenomeno postmortale, si caratterizzano per la raccolta passiva del sangue all’interno dei vasi, mentre l’ecchimosi, rappresen­tando un fenomeno vitale, sono caratterizzate da fenomeni riparativi (vasodilatazio­ne, infiltrati leucocitari, deposizione di fibrina, ecc.). Semplificando, è possibile differenziarle effettuando una preventiva sezione dell’area “dubbia” e quindi esporre la su­perficie di sezione all’azione dilavante di un filo di acqua corrente: se si tratta di ipo­stasi si assisterà ad una completa exanguinazione nell’area di taglio, se invece di trat­ta di ecchimosi si osserverà la persistenza degli infiltrati emorragici negli strati im­mediatamente sottostanti l’epidermide.
Non è sempre così semplice essendo comunque possibile che le ecchimosi pro­dotte nelle immediatezze antecedenti l’exitus possano dilavarsi e presentare dubbia positività alle specifiche tecniche di immuno-istochimica.
Se è possibile affermare che la presenza di un’ecchimosi è indicativa dell’applicazione di una forza contusiva, la sua assenza non indica necessariamente l’assenza di un trauma; ciò vale in particolar modo per i traumi della regione anteriore dell’ad­dome, ove si possono osservare, specie nei bambini, emorragie massive interne e le­sioni viscerali anche in assenza di segni contusivi esterni evidenti.
L’entità delle ecchimosi, a parità di forza applicata, dipende da numerosi fattori: età, sesso e condizioni patologiche “favorenti”. Nei bambini e negli anziani, a causa della maggiore fragilità capillare e della minore rappresentazione del tessuto sottocu­taneo, le ecchimosi possono rendersi evidenti anche per traumi di modesta entità (ecchimosi da “pizzicotti”). Nei soggetti con epatopatie o con patologie della coagu­lazione le ecchimosi si formano più facilmente e sono, a parità di traumatismo, più estese e di maggiore entità. Nei soggetti giovani ed in buona salute, la maggiore elasticità dei tessuti cutanei e delle strutture vascolari rende, sempre a parità di trauma, più difficile la ressi dei vasi e quindi la comparsa della ecchimosi.
La cromia delle ecchimosi può fornire utili indicazioni sul tempo trascorso dalla loro formazione e quindi dell’evento traumatico; è comunque importante effettuare l’analisi cromatica delle ecchimosi quanto prima per l’evolutività dei fenomeni di riassorbimento nel vivente e per il viraggio cromatico verso il colore scuro nella salma a causa dell’insorgenza dei fenomeni putrefattivi.
Nel vivente, le ecchimosi subiscono modificazioni cromatiche dal rosso chiaro al rosso-scuro, al marroncino, al verde ed al giallo per effetto della degradazione dell’emoglobina. In genere le ecchimosi completano il viraggio cromatico e scompaiono dopo circa due settimane dal trauma anche se occorre esprimere delle riserve sulla reale possibilità di esatta definizione del tempo trascorso dal trauma, attesa la variabilità delle modificazioni cromatiche in rapporto all’estensione dell’area interessata ed alla rapidità dei fenomeni riparativi suscettibili di una variabilità inter- ed intraindividuale. Le ecchimosi congiuntivali sono caratteristiche perché sono sempre oscure, non subiscono il cambiamento cromatico.
La presenza su uno stesso soggetto di ecchimosi non coeve o in diverso stato di riassorbimento può essere indicativa di traumatismi multipli reiterati nel tempo (violenza sessuale, battered child sindrome, child negletted, ecc.).
Per il fenomeno della migrazione delle ecchimosi è possibile rilevarle in sedi differenti da quelle di origine o di applicazione del trauma. Il sangue stravasato può spostarsi per gravità occupando zone che offrano minore resistenza, o essere spinto dall’azione propulsiva svolta dalla contrazione di grosse masse muscolari, cosicché un trauma in regione frontale o una frattura della base cranica anteriore potranno determinare l’evidenza di ecchimosi a livello palpebrale, così come le ecchimosi profonde a livello del bicipite brachiale potranno rinvenirsi a livello della piega del gomito.
Le ecchimosi palpebrali di solito non sono oggetto di trauma diretto, bensì da una trauma indiretto (versamenti ematici per frattura delle ossa nasali, frattura della base del cranio, ematoma del cuoio capelluto); il tessuto lasso palpebrale favorisce la migrazione del sangue.
Solitamente le lesioni contusive, salvo nei casi di emorragia massiva, non sono lesioni di per sé autonomamente mortali.
In genere non è possibile risalire dalle ecchimosi al mezzo responsabile del loro determinismo. A volte però è possibile che le ecchimosi siano figurate, e rappresentino in positivo o in negativo l’oggetto che le ha determinate; è il caso delle ecchimosi ex vacuo indotte in negativo sulla cute dal battistrada di un automobile durante la fa­se di sormontamento di un pedone, delle ecchimosi indotte da una suola di scarpa fi­gurata a “carrarmato” per calci impressi a stampone, di quelle impresse dal vivo di volata dell’arma utilizzata per esplodere colpi a contatto, ovvero delle ecchimosi im­presse da stemmi automobilistici procedenti nell’urto del pedone in fase di investi­mento.
Dai vibici è inoltre possibile risalire al diametro dell’oggetto contundente utiliz­zato, così come dal diametro di una sugellazione è latamente possibile risalire all’a­pertura buccale del soggetto che l’ha determinata differenziando grossolanamente adulti da minori.
Negli abusi o maltrattamenti su donne, anziani o minori, nei battered child, nei child negletted è possibile osservare ecchimosi multiple aspecifiche in diverso sta­dio evolutivo associate spesso ad ecchimosi figurate riferibili a sistemi di coercizione violenta (ad esempio, schiaffi, bastonate, frustate, legature).
A livello degli arti superiori possono rinvenirsi lesioni da difesa, localizzate principalmente al dorso delle mani o a livello della superficie estensoria di braccio ed avambraccio e sono dovute, in corso di colluttazione, all’azione lesiva esercitata da mezzi contundenti contro gli arti della vittima atteggiati nel tentativo di difesa; spes­so si associano a fratture nelle sedi di impatto o a lesioni di altra natura (lesioni d’ar­ma da fuoco, ecc.).

Articolo creato il 21 gennaio 2014.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.